Laboratorio di ricerca sulla terapia genica e farmacogenomica della Talassemia

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Home Terapia farmacologica LA TERAPIA SPERIMENTALE DELLA TALASSEMIA BETA BASATA SULL'INDUZIONE DI EMOGLOBINA FETALE

LA TERAPIA SPERIMENTALE DELLA TALASSEMIA BETA BASATA SULL'INDUZIONE DI EMOGLOBINA FETALE

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I.    Il fenotipo HPFH

II.   Modelli sperimentali per lo studio di agenti terapeutici in grado di indurre il differenziamento eritroide e l'espressione dei geni per le globine gamma: le cellule eritroleucemiche umane K562 

III.  Colture di cellule staminali umane: un sistema innovativo per saggiare l'attività eritro-differenziante di nuove molecole potenzialmente utilizzabili nella terapia delle emoglobinopatie

 

I. Il fenotipo HPFH

In alcuni pazienti affetti da beta-talassemia è stata osservata un'anormale espressione dei geni gamma-globinici, che in alcuni casi porta il livello di HbF dal 2.5% al 20%. Quest'aumento di HbF comporta una condizione clinica nota come HPFH (High Persistance of Fetal Hemoglobin). Nella HPFH l'espressione dei geni gamma-globinici è mantenuta anche nei soggetti adulti. Larghe delezioni comprendenti i geni delta e beta-globinici sembrano responsabili di una sottoclasse di HPFH nella quale ambedue i geni-globinici, in cis alla delezione, sono attivati. D'altra parte, mutazioni puntiformi del promotore dei geni sovraespressi è stata riportata come causa di un'altra sottoclasse di HPFH. Il meccanismo molecolare responsabile dell'elevata espressione dei geni gamma-globinici è in realtà ancora sconosciuto, anche se la relazione tra queste mutazioni e il fenotipo HPFH è sostenuta da evidenze geniche.

I pazienti che presentano il fenotipo HPFH mostrano un miglioramento del quadro clinico, in quanto la relativa riattivazione dei geni gamma-globinici causa un aumento di HbF tale da poter in parte supplire alla carenza di HbA nelle sindromi talassemiche.

Nel tentativo di mimare l'effetto prodotto dal fenotipo HPFH, numerosi gruppi di ricerca hanno perciò saggiato composti farmacologici ed altre molecole di sintesi in grado di stimolare il differenziamento eritroide o comunque l'espressione delle emoglobine embrio-fetali.

 

II. Modelli sperimentali per lo studio di agenti terapeutici in grado di indurre il differenziamento eritroide e l'espressione dei geni per le globine gamma: le cellule eritroleucemiche umane K562

Per stabilire l'efficacia di nuove molecole nell'indurre differenziamento eritroide ed espressione dei geni per la gamma-globina, un modello cellulare molto utile è rappresentato dalla linea cellulare eritroleucemica umana K562, derivante da una paziente affetta da leucemia mieloide cronica in stadio bastico terminale. Questa linea cellulare presenta una sintesi basale di emoglobina molto bassa, che però può essere significativamente incrementata quando le cellule vengono trattate con molecole in grado di indurre il differenziamento eritroide (Fig.1). Ad esempio, molecole già note in letteratura ed utilizzate non solo per il loro potere antineoplastico, ma che sembrano avere attività eritro-differenziante, sono l'acido butirrico, la 5-azacitidina, la citosina arabinoside (Ara-C). Tra i composti con attività eritro-differenziante bisogna ricordare un gruppo di chemioterapici di origine naturale, le antracicline ottenute da vari ceppi di Streptomices, in particolare la doxorubicina e l'aclacinomicina. In uno studio recente è stata dimostrata l'azione eritro-differenziante su cellule K562 in cultura della cromomicina e della mitramicina; entrambi i composti si legano al DNA in regioni specifiche ricche in G/C e in tal modo potrebbero interferire con l'interazione di fattori nucleari aventi funzione regolativa.

I risultati che si possono ottenere durante un esperimento di induzione delle cellule K562 al differenziamento eritroide sono mostrati in Fig.2.

 

III. Colture di cellule staminali umane: un sistema innovativo per saggiare l'attività eritro-differenziante di nuove molecole potenzialmente utilizzabili nella terapia delle emoglobinopatie

Un sistema cellulare molto utile per identificare molecole in grado di stimolare la produzione di HbF è rappresentato da precursori umani delle cellule eritroidi. Queste cellule staminali totipotenti, oltre ad essere presenti fisiologicamente nell'individuo, hanno la capacità di riprodursi e di differenziare, sotto determinati stimoli, divenendo così un potenziale modello per la valutazione di eventuali alterazioni dell'espressione di geni globinici embrio-fetali. Precedentemente questi precursori eritroidi non sono stati considerati un buon modello sperimentale in quanto erano studiati utilizzando un sistema di coltura semisolida che impediva sia un'analisi quantitativa, sia la caratterizzazione biochimica ed immunologica dello sviluppo cellulare.

Negli ultimi anni è stata messa a punto una nuova tecnica che prevede il trattamento dei progenitori emopoietici in un sistema di coltura liquido. Questa tecnica prevede due fasi: nella prima fase le cellule isolate da sangue periferico di un soggetto sano o affetto da una patologia emopoietica, come l'anemia falciforme o la beta-talassemia, vengono seminate in terreno alfa-MEM 1x, addizionato del 10% di medium condizionato derivante dalla linea cellulare di carcinoma di vescica 5637, esprimente numerosi fattori nucleari e proteici necessari per la crescita delle cellule staminali emopoietiche totipotenti. L'impiego di ciclosporina A favorisce in questo stadio la selezione delle cellule staminali dai linfociti presenti nella coltura. Alternativamente, per la selezione può essere necessario raccogliere le cellule non adese, lavarle e trattarle con anticorpi monoclonali associati a biglie magnetiche che riconoscono il recettore CD34, permettendo l'esclusione completa dei monociti, dei macrofagi e della maggior parte dei linfociti.

La seconda fase, detta anche eritropoietina-dipendente, consiste nel coltivare le cellule isolate in un terreno di coltura adatto, addizionato dell'ormone eritropoietina, 30% di FBS, 2-mercaptoetanolo, albumina, glutamina e desametasone che permette la proliferazione e la maturazione delle cellule staminali, dapprima in normoblasti cromatici e poi in eritrociti enucleati.

Questa tecnica permette di ottenere un alto numero di cellule in coltura ed una purificata popolazione cellulare che può quindi essere utilizzata per condurre studi relativi all'induzione del differenziamento eritroide, sia su cellule staminali provenienti da soggetti normali, che da soggetti affetti da patologie del sistema emopoietico. Questo sistema di coltura è estremamente affidabile poiché il la quantità relativa delle emoglobine prodotte dalle cellule differenziate è del tutto simile a quella rilevato in vivo.

La coltura di cellule primarie potrebbe quindi essere utilizzabile nello studio dei meccanismi cellulari e molecolari relativi all'induzione farmacologia di HbF e potrebbe diventare in futuro un metodo valido per valutare la risposta individuale di pazienti affetti da emoglobinopatie a terapie farmacologiche eritro-differenzianti.

Molti dati sono riportati in letteratura relativi a composti che sono stati testati su questo nuovo modello cellulare; ad esempio, l'idrossiurea, un inibitore della sintesi di DNA, è stato dimostrato essere in grado di indurre produzione di HbF. Le cellule staminali usate in questo studio provenivano da pazienti affetti sia da anemia falciforme, che da b-talassemia; l'idrossiurea ha indotto per il primo tipo di patologia un incremento di HbF di due-cinque volte maggiore rispetto a quello rilevato nelle cellule staminali non trattate; nel caso in cui le cellule erano state isolate da pazienti affetti da beta-talassemia si è assistito ad un incremento variabile dal 1.3% al 6.2% .

Questo modello sperimentale ha permesso di saggiare l'attività differenziante di numerose molecole già conosciute con un'affidabilità maggiore, trattandosi di cellule che fisiologicamente sono presenti nel nostro organismo.

 

 

 

 

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